Francesco Petrarca, cinque poesie d’amore

Bosco con ruscello e cascata. Immagine simbolo poesia Petrarca

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ‘l core
in sul mio primo giovenile errore
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono,

del vario stile in ch’io piango et ragiono
fra le vane speranze e ‘l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.

Ma ben veggio or sí come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno;

et del mio vaneggiar vergogna è ‘l frutto,
e ‘l pentersi, e ‘l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.

*

Lassare il velo o per sole o per ombra,
donna, non vi vid’io
poi che in me conosceste il gran desio
ch’ogni altra voglia d’entr’al cor mi sgombra.

Mentr’io portava i be’ pensier’ celati,
ch’ànno la mente desïando morta,
vidivi di pietate ornare il volto;
ma poi ch’Amor di me vi fece accorta,
fuor i biondi capelli allor velati,
et l’amoroso sguardo in sé raccolto.
Quel ch’i’ piú desiava in voi m’è tolto:
sí mi governa il velo
che per mia morte, et al caldo et al gielo,
de’ be’ vostr’occhi il dolce lume adombra.

*

Solo et pensoso i piú deserti campi
vo mesurando a passi tardi et lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio human l’arena stampi.

Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti,
perché negli atti d’alegrezza spenti
di fuor si legge com’io dentro avampi:

sí ch’io mi credo omai che monti et piagge
et fiumi et selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui.

Ma pur sí aspre vie né sí selvagge
cercar non so ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co llui.

*

Benedetto sia ‘l giorno, et ‘l mese, et l’anno,
et la stagione, e ‘l tempo, et l’ora, e ‘l punto,
e ‘l bel paese, e ‘l loco ov’io fui giunto
da’duo begli occhi che legato m’ànno;

et benedetto il primo dolce affanno
ch’i’ ebbi ad esser con Amor congiunto,
et l’arco, et le saette ond’i’ fui punto,
et le piaghe che ‘nfin al cor mi vanno.

Benedette le voci tante ch’io
chiamando il nome de mia donna ò sparte,
e i sospiri, et le lagrime, e ‘l desio;

et benedette sian tutte le carte
ov’io fama l’acquisto, e ‘l pensier mio,
ch’è sol di lei, sí ch’altra non v’à parte.

*

Io amai sempre, et amo forte anchora,
et son per amar piú di giorno in giorno
quel dolce loco, ove piangendo torno
spesse fïate, quando Amor m’accora.

Et son fermo d’amare il tempo et l’ora
ch’ogni vil cura mi levâr d’intorno;
et più colei, lo cui bel viso adorno
di ben far co’ suoi exempli m’innamora.

Ma chi pensò veder mai tutti insieme
per assalirmi il core, or quindi or quinci,
questi dolci nemici, ch’i’ tant’amo?

Amor, con quanto sforzo oggi mi vinci!
Et se non ch’al desio cresce la speme,
i’ cadrei morto, ove più viver bramo.

(dal Canzoniere, Torino, Einaudi, 1964 – ristampa 1989)

Francesco Petrarca nasce ad Arezzo nel 1304. Agli impegni di carattere civile e diplomatico (è al servizio di alcune tra le più influenti famiglie del tempo, come i Colonna e i Visconti), affianca le attività di scrittore, poeta, filosofo e filologo. Muore ad Arquà nel 1374.

Ci ha lasciato scritti di vario genere che rispecchiano la multiformità dei suoi interessi: opere latine in versi (come il Bucolicum Carmen, in egloghe di argomento amoroso, politico e morale), epistole, preghiere, opere latine in prosa (come il De Viris Illustribus, il De Vita Solitaria e il Secretum) e opere poetiche in volgare, come il poema allegorico I Trionfi e, soprattutto, il Canzoniere (Rerum Vulgarum Fragmenta).

Composto fra il 1336 e il 1374, il Canzoniere comprende 366 componimenti. L’opera, annoverata tra le colonne della letteratura italiana di ogni tempo, viene lodata quale modello di stile già dal Bembo agli inizi del Cinquecento.

Fin dal suo apparire, il Canzoniere raggiunge una tale risonanza da ispirare la nascita di un vero e proprio movimento letterario: si tratta del cosiddetto Petrarchismo, basato sull’imitazione degli stilemi, del lessico e dei generi poetici propri della lirica in volgare di Petrarca e destinato a grande fortuna per tutte le epoche successive.

In Petrarca, il teocentrismo tipico della filosofia Scolastica viene superato da una visione antropocentrica della realtà che, attraverso una rivalutazione della patristica (Sant’Agostino in particolare) e dei classici latini, anticipa già le posizioni dell’Umanesimo. La concezione petrarchesca dell’uomo virtuoso è essenzialmente quella che lui stesso cerca di testimoniare con la sua vita: cittadino del mondo, modello di perfezione morale, campione della lotta contro i vizi.

In questa ottica deve leggersi la dimensione lirica del Canzoniere, dove i versi, più che cantare stilnovisticamente Laura, si propongono come tappe di un percorso di riscatto dall’amore per la donna, e come anelito alla libertà e alla purezza spirituale.

Donatella Pezzino

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