Gli Inni Sacri di Elpide

Rilievo di Elpide, Museo Regionale di Messina

Aurea Lux

Di bella eterna luce
E di color vermiglio, astri gemelli,
In questo dì, che le serrate porte,
Mercè di vostra gloriosa morte,
Di perdon apre ai peccator rubelli,
E terra, e Ciel riluce.
Portinajo del Cielo,
E maestro del Secol folle, e rio,
Ambidue de’ mortai giudici, e guide,
L’uno, e l’altro di voi alto s’affide;
Or che la Croce al’un rapìo
La spada il terren vela
Di supplichevol core
Clemente odi le preci, e i lacci rei,
Con quella man ricca di tal virtude
Sciolgi, che a tutti il Cielo e terra, e schiude
Tu con la tua voce l’Alme o danni, o bei
O Pietro almo pastore.
Correggi gli usi nostri,
Paolo maestro, e fa, che nostra mente
Poggi felice ale magion celesti;
Finchè la su voliam rapidi, e presti
Scevri dala rìa salma, e chiaramente
Qual’è Dio ci si mostri.
O germogli d’Oliva,
Cresciuti al paro, e di bei frutti carchi,
Deh fede, e speme, ognora ci mantenga:
Nè mai la doppia Carità si spenga,
Onde quando sarem del corpo scarchi,
Vita godiam giuliva.
Ognora a Dio si dia
Diviso in tre persone, uno in essenza
Onor, e gloria, e potestate eterna.
Egli è, che creò ‘l tutto,
E che ‘l governa
Né passò mai, né passa di lui senza
Il tempo, e così sia.

*

Felix per omnes

Angol non è del mondo
Che in questo dì di doppie palme misto
Di Pietro, e Paolo lieto non festeggi,
I quai col sangue mondo
Sacrati, che dal corpo uscìo di Cristo,
Premon di Chiesa Santa i primi seggi.
Son questi le due Olive,
E i vaghi Candelier, che in faccia a Dio
Mandan le chiare lor eterne luci
Lumiere ognora vive
Son di là su: sciolgono il laccio rio,
E per le vie del Ciel ci fanno i Duci.
Col suon di lor favella
Le porte fatte di smeraldi, e d’oro
Chiuder ponno od aprir, e le divine
Belle stanze di quella
Magion: chiave è del Ciel la lingua loro,
E le larve, oltre caccia ogni confine.
Di catene ( oh stupore!)
Mercè del Ciel Pietro vi ruppe i lacci,
Custode dell’Ovil, comun maestro,
Del bel Gregge Pastore:
Ei le sue pecorelle ai crudi impacci
Toglie dé lupi coraggioso, e destro.
Quel ch’egli in su la terra
Forte v’allaccia, sia legato ancora
Là sovra agli Altri: e là più sciolto resta
Quel, che quaggiù disserra:
Ei giudice d’ognun sedrà in quell’ora,
Che ogni piaggia arderà fiamma funesta.
Paolo va lui del paro
Maestro delle genti, e vaso eletto
Compagno nella morte, e in la Vittoria.
Ognun di splendore chiaro
Alluma e terra, e Ciel col bel suo aspetto,
Eterno del Chiesa, e Duce, e Gloria.
Ben tu, Roma felice,
Tinta del chiaro sangue ora ti godi
di due sì grandi, ed onorati Eroi,
Non ha ‘l Mondo Pendice
Che a te venga del par, non per tue lodi:
Solo per merito de’ custodi tuoi.
Dunque voi, gloriose
Alme di Pietro, e Paolo, eletti Gigli,
Dela corte del Ciel forti Campioni
Deh non ci sìen nascose
Le grazie vostre, e dai mortai perigli
Scevri n’andiam, alle del Ciel magioni.
Gloria a Dio Padre eterna,
Onor, e impero a Te, Figlio divino,
Potestà al Santo Spirito ognor si dia:
In quella alta superna
E in questa bassa fede all’uno, e trino
Nume immortal per sempre, e così sia.

*

Decora Lux

La bella luce dell’eternità irrigò
con beati raggi l’aureo giorno
che corona i Principi degli Apostoli
e (che) ai peccatori in cielo apre una libera strada.
Il Maestro del mondo e il Custode della porta celeste,
Padri di Roma e Arbitri delle Genti,
vincitore quello per (morte) di spada, questo per morte di croce,
siedono nel convivio della vita (eterna), ornati di alloro.
O beato pastore Pietro, accogli clemente
le voci dei supplici e le catene dei peccati
sciogli con la tua parola, a cui (è) attribuito il potere
di aprire alle terre il cielo (e, se) aperto, di chiuderlo.
O egregio dottore Paolo, insegna le leggi
e i nostri spiriti attira con te al cielo,
fin quando l’oscurata fede scorga il mezzodì
e la sola carità regni a somiglianza del sole.
O Roma fortunata, che sei consacrata
col glorioso sangue dei due Principi,
(e) imporporata col loro sangue:
solo per ciò sovrasti le altre bellezze del mondo.
Sia gloria eterna,
onore, potenza e giubilo alla Trinità,
che in unità ogni cosa governa
per tutti i secoli dell’eternità.

***

Vissuta nel V secolo, la siciliana Elpide è considerata la prima poetessa latina cristiana. La città di nascita è a tutt’oggi incerta: alcuni parlano di lei come “Elpide da Trapani”, mentre altri riferiscono che ella nacque a Messina.

Appartenente al patriziato romano legato alla corte del re ostrogoto Teodorico, Elpide viene citata da diverse fonti come la prima moglie del celebre filosofo Severino Boezio.

Donna colta e dotata di grande sensibilità artistica, seppe imprimere alla poesia femminile cristiana un corso tutto nuovo grazie alla sua capacità di infondere al verso un caldo afflato poetico e di superare così la tradizionale freddezza dell’inno sacro. Non a caso, di lei lo studioso siciliano Biagio Pace ha scritto: “La fiamma della fede cristiana rischiara or­mai la nuova poesia”. 

Morta verso il 493, la poetessa cristiana fu sepolta a Roma presso i “Portici Vaticani”, luogo che conferma la considerazione di cui dovette godere all’epoca come donna e come letterata. Sulla sua epigrafe si può leggere: “Dicta fui Siculae regionis alumna” (fui chiamata figlia della terra siciliana).

Di lei ci sono pervenuti due inni, l’Aurea Lux e il Felix per omnes, dedicati ai santi Pietro e Paolo. Di questi due inni riporto la versione allegata al testo del De consolatione philosophia di Severino Boezio tradotto da Benedetto Varchi.

A questa poetessa cristiana, molte fonti accreditate attribuiscono anche il celebre Decora lux, recitato ancora oggi in occasione della festa dei santi Pietro e Paolo; secondo alcuni studiosi, però, la paternità di questo inno è da ascriversi a Paolino d’Aquileia. Del Decora Lux riporto la traduzione italiana al testo del Liber Usualis, presente in Wikipedia.

Donatella Pezzino

Immagine: il “Rilievo di Elpide” conservato al Museo Regionale di Messina, da: http://www.societamessinesedistoriapatria.it

Fonti: