
Letteria Montoro, scrittrice e poetessa siciliana, nacque a Messina il 19 aprile del 1825.
Diverse fonti coeve ne lodarono la fine bellezza e la spiccata intelligenza; ma Letteria fu anche una donna politicamente impegnata, liberale convinta e dotata di una personalità forte, combattiva e spesso ribelle, caratteri che mal si accordavano al contesto culturale e sociale – fortemente maschilista – nel quale viveva. Così recitava il testo dell’epitaffio posto sulla sua tomba al cimitero monumentale di Messina:
Qui per volere del Comune/ l’ala dell’oblio non graverà sulle ceneri/ di LETTERIA MONTORO/ che l’anima forte ed eletta/ trasfuse in versi soavii ed in prose eleganti/ donna di spiriti liberali/ confortò i fratelli che combattevano/ per la redenzione d’Italia/ li seguì nell’esilio/ e ad essi tornati in patria/ sacrificò cristianamente la vita/ mirabile esempio di fraterno affetto!/ 19 aprile 1825 – 1 agosto 1893
Oggi questo epitaffio non esiste più: la lapide che lo conteneva, infatti, è andata distrutta durante il terremoto del 1908. Ma anche la memoria di Letteria ha subito un triste destino: caduta progressivamente nell’oblio dopo la sua morte, la poetessa siciliana è oggi quasi completamente dimenticata ed è solo grazie all’impegno di studiose come Daniela Bombara se abbiamo la possibilità di riscoprirla.
Figlia di un esule per motivi politici, la giovane Letteria partecipò attivamente ai grandi eventi risorgimentali: durante i moti del 1848 collaborò con il settimanale “L’aquila siciliana” e fornì il suo sostegno ai patrioti che combattevano in prima linea.
Dopo la conclusione dei moti, la poetessa siciliana scelse volontariamente di seguire i suoi fratelli nell’esilio. Questa scelta non era dettata solo da motivi di generosità, affetto o coerenza morale: in quell’epoca, infatti, la donna esule svolgeva spesso una preziosa opera di mediazione tra i proscritti politici e le istituzioni governative. E’ quindi probabile che Letteria abbia approfittato del confinamento per proseguire la sua attività in favore dei patrioti.
Tornata a Messina, si assunse l’impegno di curare da sola la sua numerosa famiglia sollevando suo fratello sacerdote da diversi compiti gravosi; nonostante ciò, riuscì anche a dedicarsi alla scrittura. Dal 1850 cominciò a pubblicare poesie, romanzi e novelle, scritti nei quali trasfondeva i moti del suo animo e le tracce della sua vicenda autobiografica e che riscossero un immediato successo di pubblico e critica.
Articolate in un’ampia varietà di generi – civile, patriottico, lirico, d’occasione – le poesie di Letteria destarono interesse soprattutto per la loro forte impronta leopardiana: in esse, la giovane poetessa siciliana cercò di unire le sue spiccate attitudini speculative ad uno struggente lirismo, con frequenti richiami al lessico e alle tematiche tipiche di Leopardi.
Tuttavia, il suo contatto con il pensiero leopardiano restò perlopiù limitato alla visione del dolore come elemento costitutivo della vicenda umana, un tratto che ella sentì in forte sintonia col proprio vissuto e col proprio sentire. Nella poetessa siciliana, però, questo dolore trova una via d’uscita nella fede religiosa e nella convinzione dell’esistenza dell’anima, mentre le restano estranei il concetto di “natura matrigna” e il laicismo. “Il pensiero dell’anima”(1885), una delle sue poesie più famose e apprezzate, costituisce sicuramente la cifra più rappresentativa di questo “leopardismo minore”:
O peregrina Idea,
dove t’aggiri o celi
lungi dal guardo mio? Qual erma sede
solo per te creata,
o quale avventurata
dell’immenso universo ascosa parte
di tua presenza bei?
Dimmi se vera è tua sostanza in questo
moto eterno dell’essere infinito,
o vagheggiata invano dal pensiero
ognor tu fosti, o sei? Qual nell’umana
o celeste famiglia
qual beltade alla tua si rassomiglia?
Te scopo de la vita,
quando d’essa m’avvidi, idoleggiai.
Per te la terra, il ciel, l’astro del giorno,
e l’intera natura benedissi.
Come il cor ti sentìa! quali diletti
l’immagin tua mi porse!
Che speranze, che affetti
allor che per le stelle errava il guardo,
o sulla queta aurora
pien di speme posava,
o pure il piè vagava
per li fioriti campi,
per le amene convalli
e per deserti calli;
o all’ora del meriggio
sedendo all’ombra d’inchinate piante,
e quell’immenso mare
e quei monti remoti,
quell’etere profondo,
sede di mondi ingnoti,
a meditar mi stava!…
Quale, oh quale apparìa
dentro te questa vita all’alma mia!…
Ma presto, ahi presto il mondo
al cor mancava, eppure allor non vinta
d’incontrarti sperai
per nove regioni,
fra novi abitatori,
di cui meco sovente
ragionando venivi;
e agli astri più lontani
di te pensando ognor levai la mente;
e nel bruno cammino
ove lenti volveansi i giorni miei,
al core ansio del vero
era luce e speranza il tuo pensiero.
Ed or benchè deserta
del caro imaginar, di dolci inganni,
benchè sovente i crudi
lampi del vero sostener non osi,
benchè nel fior degli anni,
quando al mortal sì bella appar la vita,
il dolore mi cinga atra ghirlanda,
e di morir sospiri,
e desolato ovunque il guardo io giri
su quest’orrida landa,
ove alla mente e al cor nulla risponde,
tu, sacra idea, ai moti suoi primieri
ritorni il petto mio;
tu supremo desìo,
primo sospiro d’ogni cor gentile,
nell’estasi del pianto
sol tu più cara del morir mi sei.
Anzi qual io mi son conscia dei mali,
più sento che a mirare
le tue vere sembianze, imprenderei
nuovo calle di pene
nella terra non sol, ma in quanti avviva
moti natura, se pur vita è in essi
più misera di questa,
che a noi dava il destino e più funesta.
Se d’acquetar quest’alma
in tua diva beltà non diemmi il fato,
che troppo inver felice,
troppo più che non lice
a mortale natura
il viver fora a tanto ben serbato,
pure alla dolce immago
perennemente avvinto
protende i moti suoi l’avido petto;
di sovrumano affetto
s’irradia l’alma allor che più t’affisa,
se tempestosa freme,
se abbandonata geme
per forza avversa che il volo le serra,
vita immortal, tua voce le ragiona
e dal limo la scuote e la sprigiona.
Nonostante la saltuarietà con la quale Letteria, assorbita dagli impegni domestici, potè dedicarsi all’attività letteraria, contemporanei del calibro di Giuseppe Pitrè tributarono ai suoi versi un’altissima considerazione, tanto da affiancarli alle opere di altre sue grandi conterranee quali Mariannina Coffa, Giuseppina Turrisi Colonna, Rosina Muzio Salvo e Concettina Ramondetta Fileti.
Fra i suoi scritti in prosa, fu particolarmente apprezzato il romanzo storico “Maria Landini”: considerato la sua opera maggiore, è ricco di spunti autobiografici, a cominciare dal carattere della protagonista. “L’autrice” scrive Daniela Bombara “propone qui un’eroina fascinosa e combattiva, che cerca di affermare la propria volontà e libertà di scelta in un contesto sociale degradato, corrotto e violento.”
In questo lavoro, Letteria sfrutta gli strumenti del romanzo “misto di storia e di invenzione” per dar vita ad una vicenda avvincente e scorrevole mostrando, allo stesso tempo, la reale condizione della Sicilia del suo tempo: vi risalta la marginalità culturale e sociale dell’isola rispetto al resto d’Europa nonostante i tanti fermenti culturali e artistici, ma soprattutto la condizione femminile vista da una singolare angolazione, quella di una donna – Letteria, appunto – soffocata da un ambiente misogino e restrittivo, che non le perdonava il fatto di non essere sposata e di aver preteso di fare della scrittura uno strumento di emancipazione e di legittimazione sociale.
Dopo l’Unità d’Italia, la poetessa siciliana vide pubblicati i suoi scritti sul periodico genovese “La Donna”; collaborò inoltre alla Strenna femminile dell’Associazione filantropica delle Dame Italiane (1861), alla raccolta Poesie di illustri italiani contemporanei (1865), alla Strenna veneziana (1866) e al volume Candia, pubblicato a cura del Comitato Italo-Ellenico di Messina (1868).
Nel 1865 fu l’unica poetessa messinese chiamata a commemorare il centenario di Dante: in questo evento, la città di Messina riunì i migliori intelletti della città fra letterati e docenti universitari. Per l’occasione, Letteria scrisse un componimento intitolato Pel centenario di Dante Alighieri, sostenendo la tradizionale immagine risorgimentale del Dante prefiguratore dell’Unità d’Italia. Morì nel 1893.
Donatella Pezzino
Fonti:
- Daniela Bombara, Ripensamento della tradizione e approdo alle idealità romantiche nella Sicilia di primo Ottocento: vita e opere di tre letterate ribelli, in Quaestiones Romanicae, III/2, Università di Timisoara, 2015, pp.400-412.
- http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/letteria-montoro/
- Daniela Bombara, Al margine dei margini: ribellione, esperienza del dolore e denuncia sociale in Letteria Montoro, donna siciliana e scrittrice del romanticismo, nstitucional.us.es/revistas/Culturas/20/HTML/13_Bombara_daniela.html
- Rita Verdirame, Narratrici e lettrici (1850-1950). Le letture della nonna da Contessa Lara a Luciana Peverelli, Padova, Libreria Universitaria, 2009.
- Montoro, L., Maria Landini. Romanzo, Palermo, Clamis e Roberti, 1850.
- Montoro, L., “Il pensiero dell’anima”, in Francesco Guardione ed. Antologia poetica siciliana del secolo XIX , con proemio e note, Palermo, Tempo, 1885, pp. 333-336.
- Montoro, L., Sul sepolcro del sacerdote Francesco Montoro, sua sorella Letteria., Messina, Tip. del Progresso, 1886.
- Sulla tomba della Chiarissima Mariannina Coffa poetessa notina. Versi sciolti letti nell’Accademia radunanza straordinaria del 6 aprile 1878 nel Gabinetto Letterario Ibla Erea di Ragusa, Palermo, Virzì, 1878.
Articolo pubblicato su Alessandria Today alla pagina Il Romanticismo delle donne: Letteria Montoro, di Donatella Pezzino – Alessandria today Magazine – Pier Carlo Lava