
Ti fui lontano nella primavera,
quando Aprile cangiante in grande gala
empie di forza giovane la terra:
fin Saturno con lui gaio trescava
ma né d’uccelli i richiami né l’alito
di fior variati in colori incensi
mi moveva ad alzar canti d’estate
o a spiccar mazzi da quel caldo grembo.
Di gigli il bianco non mi seppe accendere,
non il vermiglio denso della rosa:
erano solo di gioia parvenze,
copie tue, modello d’ogni cosa.
Sembrava inverno ancora; e, te mancando,
quale d’ombre di te fu il loro incanto.
(traduzione di Rina Sara Virgillito)
Sonetto tratto da William Shakespeare, Sonetti d’amore, Tascabili Economici Newton collana “Centopagine”, 1995, p.71.